È possibile raggiungere il livello madrelingua studiando una lingua straniera da adulti?
Questo è il dilemma che assilla anche i miei corsisti migliori: professionisti affermati in svariati campi che poi però si ritrovano a bisticciare con l’inglese perché non hanno avuto l’occasione di apprenderlo in età infantile.
Sull’argomento possiamo trovare decine di studi che spesso hanno riportato risultati discordanti: la teoria più nota è quella del “Critical Period Hypothesis”, risalente agli anni ‘60 (resa nota da Lenneberg, 1967), secondo cui, dopo un determinato periodo critico intorno ai 7 anni, se una persona non ha ancora appreso una lingua, non sarà più in grado di farlo a livello di madrelingua. Qui credo sia importante notare che essere ”livello madrelingua” non significa usare la lingua perfettamente senza errori, bensì usarla in modo naturale, proprio come farebbe un native speaker, errori compresi.
Questa teoria ha riscosso molto successo negli anni perché è stata sempre più accreditata anche dal punto di vista neurologico: si è notato per esempio che soggetti di lingua giapponese non riescono a distinguere la differenza tra i suoni inglesi “l” e “r”, perché nella loro lingua la differenza non è significativa; quindi in risonanze magnetiche funzionali, i loro lobi si attivano nello stesso punto per entrambi i suoni, mentre i madrelingua inglesi riconoscono i due suoni come separati, attivando due zone cerebrali distinte.
Questo però non è vero per bambini di 8 mesi che, indipendentemente dalla loro nazionalità e lingua d’origine, riescono a distinguere tutti i suoni di tutte le lingue. Non nasciamo quindi “programmati” per poter distinguere virtualmente ogni suono, ma crescendo e basandoci sull’input che riceviamo e quindi reagendo alla lingua a cui veniamo esposti, i nostri cervelli si adattano e imparano a filtrare solo le differenze rilevanti (pruning sinaptico).
Se però fino a qualche anno fa credevamo che questo processo fosse esclusivo dei primi anni di vita, ora invece sappiamo che, anche se molto più lentamente rispetto ai primi anni, i nostri cervelli sono in continua trasformazione e continuo “update”: filtriamo le informazioni che riteniamo rilevanti e cambiamo i criteri secondo cui lo sono, giorno per giorno, secondo le nostre esperienze e gli input a cui veniamo esposti.
Alla luce di ciò, anche se diventare livelli madrelingua è un processo molto più lungo e faticoso da adulti rispetto a quando si è bambini, non è affatto impossibile: in questo caso, tutto dipende dalle nostre differenze personali e da quanto noi e i nostri cervelli percepiamo come rilevante il diventare livelli madrelingua.
Farei notare infine che se l’acquisizione linguistica è un processo del tutto innato durante l’infanzia (anche se non per tutti—vedi pazienti logopedici), in età adulta la parte “innata” è un po’ più lenta e potrebbe non stare al passo con le nostre aspettative. Ricordiamoci però allora che in età adulta godiamo di capacità cognitive che non abbiamo in età infantile e possiamo quindi aiutarci con strategie linguistiche e piccoli accorgimenti fonetici che possono aiutarci enormente una volta assimilati ed interiorizzati.
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